Pubblicato per la prima volta nel 2008 negli USA, “On Combat” è il secondo fortunato libro dell’ex Tenente-Colonnello Dave Grossman, docente di Psicologia a West Point e attuale professore di Scienze militari all’Università Statale dell’Arkansas, con un passato di tutto rispetto nell’Esercito degli Stati Uniti. Nella sua lunga carriera militare infatti, iniziata dalle fila più basse con il grado di sergente maggiore nella 82 Divisione Aviotrasportata fino a raggiungere il grado di comandante della Settimo Reggimento Rangers, quello che ha caratterizzato l’esperienza professionale di Grossman è stato l’essere sempre in prima linea. In taluni casi, persino dietro le linee “nemiche” stesse. Un approccio al combattimento insomma che è andato ben oltre il semplice meccanicismo che ci si aspetta dal soldato convenzionale, ma che invece è servito a Grossman per poter compiere un’analisi più approfondita degli aspetti psicologici del combattente.
Per questa ragione Grossman quando fa riferimento ai soldati, agli operatori della sicurezza e ai tutori dell’ordine, utilizza una definizione che ha persino un sapore antico, quella di “Guerriero”, espressione che appare persino desueta poiché perduta nel labirinto dei sensi di colpa della Storia, e della sua interpretazione errata che la fa apparire come sinonimo di guerrafondaio o nemico della pace. L’idea del guerriero, da una parte come difensore della propria vita e di coloro i quali egli ama, e dall’altra di difensore e servitore dell’ordine e della sicurezza, nella Società imperfetta quale è quella nella quale viviamo, è invece l’interpretazione offerta al pubblico dal nostro Grossman.
Cosa serve per essere un guerriero? Il nostro autore ci introduce pian piano dentro questa definizione in un percorso articolato tra scienza psicologica e logica marziale. L’addestramento può aiutare il guerriero a salvare se stesso, a salvare le vite che sta proteggendo, ma soprattutto ad affrontare quel “dopo” che rappresenta il peggiore avversario con il quale dovrà mai vedersela. Come psicologo Grossman ci spiega, senza risparmiare ampie critiche verso la TV e i videogames violenti, quali sono le fasi mentali per non dire fisiologiche che ogni guerriero è costretto a vivere nel momento dello scontro, e il solo modo che ha per far fronte a quei momenti decisivi è sicuramente un buon addestramento, realistico e ripetitivo, elementi che lo aiutano anche a non perdere il controllo di sé. Come guerriero egli stesso, il colonnello che ha vissuto un terzo della sua vita rischiandola in numerosi scenari di battaglia, ci racconta la drammaticità dell’essere reduce da uno scontro. Particolari di un racconto di vita che smentiscono, già da soli, tutto ciò al quale siamo stati abituati dalla cinematografia e dalla TV dove l’eroe non ha nulla di realmente guerriero.
Antonino Polizzi