Intelligenza emotiva al lavoro

In qualunque ambiente di  lavoro, il rapporto con gli altri costituisce la parte più rilevante della nostra attività. Che il lavoro si svolga davanti a un computer  in back office o contrattando quotidianamente con clienti e fornitori, ci rapportiamo comunque, costantemente, con altre persone. Riceviamo ordini, comunicazioni e critiche dai superiori, scambiamo informazioni ed opinioni con i colleghi e comunichiamo con l’ambiente esterno all’azienda. Anche quando la comunicazione ci appare più facile, perché meno imbrigliata dai ruoli aziendali, come durante le “pause caffè”, non è per questo più semplice e priva di conseguenze.
Non stupisce quindi che la capacità di relazionarsi e di lavorare in gruppo sia tra le competenze trasversali più richieste dalle imprese. Da quando il Sistema Excelsior  di UNIONCAMERE  ( http://excelsior.unioncamere.net/ ), nel rilevare i bisogni occupazionali delle imprese, ha verificato, a partire dal 2012, l’importanza che le imprese danno alle competenze trasversali dei candidati, le capacità di lavorare in gruppo e di comunicare si confermano puntualmente le competenze più richieste da una azienda su due.  Cosa fare allora per  sviluppare o acquisire competenze relazionali e di comunicazione?

Con il saggio “Intelligenza emotiva al lavoro. Una guida per mettere a frutto il proprio quoziente emotivo” Hendrie  Weisinger  propone di svilupparle imparando ad utilizzare la propria intelligenza emotiva, lasciando che a lavorare per noi siano le nostre emozioni.
“L’intelligenza emotiva può essere coltivata, sviluppata, accresciuta: non è un tratto distintivo che si possiede oppure no”. Utilizzando semplici tecniche la si può accrescere e si può imparare ad usarla nel rapporto con gli altri. E a tale scopo Weisinger propone dozzine di esercizi  e di esempi  che scaturiscono dalla sua esperienza personale e professionale, accumulata in anni di consulenza psicologica.
Perché ciò avvenga dobbiamo sintonizzarsi con l’abbondanza di informazioni di cui disponiamo su noi stessi: “sentimenti, sensazioni, valutazioni, azioni e intenzioni”.  Attraverso queste informazioni dobbiamo imparare a capire come ci comportiamo o comunichiamo nelle diverse situazioni, quali sono le cose per noi importanti, cosa vogliamo effettivamente e come ci poniamo rispetto agli altri. “La capacità di elaborare queste informazioni costituisce la nostra autoconsapevolezza”.
Perché un rapporto sia positivo, per Weisinger, deve contemplare  “ tre elementi fondamentali”: 1) andare incontro alle reciproche necessità;  2) stabilire un rapporto che duri nel tempo;  3) scambiarsi informazioni sui reciproci sentimenti, opinioni e idee.
“La chiave per stabilire una relazione solida e produttiva è la reciprocità: ognuno si sforza di soddisfare i bisogni dell’altro”.  Senza reciprocità “un legame diventa sfruttamento.”  Si pensi all’impiegato dell’ufficio postale che si occupa regolarmente delle nostre spedizioni e che per circostanze varie, frequentemente, mettiamo nelle condizioni di occuparsi delle nostre spedizioni a ridosso della chiusura dell’ufficio. Solo se il rapporto è positivo potremo  contare sulla sua disponibilità a svolgere comunque il servizio venendo incontro alle nostre esigenze.  E per capire cosa rende positivo il rapporto, Weisinger propone di ripensare agli incontri con l’impiegato e notare in quali occasioni e grazie a quali comportamenti messi in atto da parte nostra, l’impiegato si è comportato con cordialità verso le nostre richieste di aiuto. L’autoanalisi dei singoli incontri, secondo l’autore,  ci farà capire che magari l’impiegato si è reso disponibile quando abbiamo chiesto scusa e abbiamo dimostrato gratitudine per averci aiutato e stima per il lavoro svolto.

Weisinger ci ricorda inoltre che nel rapporto con gli altri è importante anche porsi in una situazione di ascolto dinamico. “Chiediti: che cosa sta dicendo in realtà…?  Che cosa vuole veramente? … Sintonizzati con il testo emozionale che si nasconde nelle sue parole. Immagina di essere al suo posto e chiediti che cosa vorresti. Identificati”.  E perchè il rapporto continui nel tempo “l’individuo dotato di intelligenza emotiva apprende qualcosa da ciascun incontro e utilizza le nuove conoscenze per stabilire ulteriori scambi di idee molto redditizi.”

Nella comunicazione non bisogna poi aver paura di scambiare anche “notizie sui sentimenti, sui pensieri e sulle idee…Condividendo pensieri e sentimenti su argomenti che non attengono al lavoro”.  “Il mettersi in sintonia con le proprie emozioni non è facile per quasi tutti noi. Parte del problema risiede nel fatto che per sintonizzarsi sui sentimenti, in particolare su quelli penosi come l’ira, la tristezza e il risentimento, dobbiamo sperimentarli, e questo può essere doloroso. Perciò noi li ignoriamo, li neghiamo,  o li razionalizziamo. Agendo così, riusciamo forse a non sentirci infelici in quel momento, ma allo stesso tempo ci impediamo di utilizzare le importanti informazioni che quei sentimenti potrebbero fornirci, e in questo modo non usiamo le nostre emozioni con intelligenza.” L’esercizio proposto per permetterci di entrare in contatto con le nostre emozioni è quello di tenere un diario dei sentimenti. E a questo proposito, l’autore precisa: “nel caso questo ti sembri un esercizio da scuola elementare, considera che alle matricole della scuola superiore di economia della Northwestern University viene chiesto di tenere un diario dei sentimenti durante il loro primo anno accademico…è un metodo eccellente per rendersi maggiormente conto delle proprie emozioni in generale…mette in grado le persone di acquisire consapevolezza del ruolo che giocano le emozioni nella vita lavorativa.”

Maria Luisa Polizzi

(Articolo tratto dal mensile “Lo Scaffale” – N. 2 di febbraio 2018)

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