Nel 1973, lo psichiatra Joel Whitton inizia la sua personale ricerca sulla “legittimità della regressione ipnotica per investigare la reincarnazione”. Tra i suoi pazienti una casalinga di 42 anni, Paula Considine, che una sera, al comando: “passate alla vita prima di essere Martha…”, risponde: “ sono in cielo…Posso vedere una fattoria e una stalla…È mattino…mattino presto. ..Sto…aspettando…di…nascere. Sto osservando… osservando quello che fa mia madre”.
Inizia così l’indagine del dott. Whitton sul periodo intermedio tra la morte e una nuova vita, quel piano di coscienza che il Libro tibetano dei morti definisce “bardo”, cioè “spazio che separa le isole” e che l’autore identifica come “metacoscienza”. I risultati del suo lavoro, con l’aiuto di Joe Fisher, sono pubblicati per la prima volta nel 1986 e in Italia il titolo scelto inizialmente dall’editore è “Vita tra le vite”.
La “terapia della vita passata” è sperimentata da psicologi e psichiatri clinici già a partire dalla metà degli anni cinquanta e i ricordi dello stato di coscienza tra le vite sono già stati riferiti dai loro pazienti, ma nell’indagine del dott. Whitton lo spazio intermedio tra la morte e una nuova vita è gestito come parte integrante della terapia e i ricordi di più di trenta pazienti sono qui raccolti, esaminati e pubblicati.
Il risultato è un’ampia riflessione su tutte le tematiche connesse alla reincarnazione, con particolare attenzione alla compartecipazione dell’anima alla scelta della vita successiva, dopo aver esaminato gli errori della precedente. Attraverso le storie di Heather, Michael e Gary è possibile comprendere come i disordini psicofisici e le tragedie personali hanno la loro ragione d’essere nel percorso evolutivo dell’anima da una vita all’altra.
Maria Luisa Polizzi
(Articolo tratto dal mensile “Lo Scaffale” – N. 1 di gennaio 2015)