Con il saggio “Dalle parti degli infedeli”, Leonardo Sciascia ripercorre la vicenda di Mons. Angelo Ficarra, vescovo di Patti, reo di non aver prestato la giusta attenzione –come comunicatogli con lettera della Sacra Congregazione Concistoriale nel 1947 – al “dovere pastorale di istruire i fedeli in occasione ed in prossimità di particolari eventi dai quali dipendevano le sorti del Paese nell’ordine, sovratutto, morale e sociale. …Questo Sacro Dicastero vuole ancora ripetere, confortato dalla Superiore approvazione, essere necessario impartire ai fedeli chiaramente e ripetutamente, sia che si tratti di elezioni politiche o di elezioni amministrative, di elezioni nazionali o di elezioni regionali, le seguenti norme:….”.
Lo scrittore siciliano, pubblica il suo saggio nel 1979, annotando: “Il mio interesse alla personalità e alla vicenda del vescovo Ficarra è nato circa quindici anni fa: quando, appena pubblicato il libro sulle Feste religiose in Sicilia……, qualcuno mi disse di un vescovo che aveva lasciato manoscritto uno studio che in effetti comprovava, attraverso una lunga e sofferta esperienza, quella tesi sulla refrattarietà dei siciliani alla religione cristiana…”. “Ma puntualmente, come sempre accade per le cose che veramente ci interessano, che veramente desideriamo, le carte del vescovo mi arrivarono senza che io le cercassi”. E tra queste c’erano le lettere della Sacra Congregazione Concistoriale, attraverso le quali l’autore ricostruisce e testimonia la persecuzione di un uomo giusto “che può assurgere alla generalità della storia italiana tra il 1945 e il 1955 – e della storia della Democrazia cristiana nella storia italiana.”
La vessazione ha inizio quando “Nelle elezioni del 1946 avevano vinto, contro quella democristiana, le liste ‘stella’ e ‘spighe’: ‘entrambe comprendenti’ diceva il segretario della democrazia cristiana ‘pubblici massoni e qualche scomunicato’. L’amministrazione che ne era venuta fuori non ebbe però normale durata, come tutte quelle in Sicilia nate da improvvisate coalizioni laiche e con la presenza di comunisti. La vigilanza delle prefetture sulle amministrazioni non democristiane era poi continua ed esasperante: e il risultato era o di immobilizzarle o di scioglierle. Quella di Patti , dunque, o da sé si sciolse, per dissidenze interne, o dalla prefettura fu sciolta: fatto sta che nel 1949 i cittadini furono di nuovo chiamati alle urne…” La democrazia cristiana fu di nuovo sconfitta e la responsabilità della seconda sconfitta venne attribuita apertamente con un libello a Monsignor Ficarra, perché non aveva sostenuto la lista della democrazia cristiana, così come dieci anni prima, nel 1938, si era reso colpevole di sospendere la solennità religiosa perché era in programma uno spettacolo cinematografico che avrebbe dovuto trasmettere due films: Il cammino degli eroi e un documentario sul Viaggio del Duce avvenuto l’anno prima in Sicilia.
La sezione provinciale della democrazia cristiana si dichiara del tutto estranea all’iniziativa di accusare pubblicamente Mons. Ficarra e lo fa inviando una lettera a Sua Santità Pio XII e a tutti i destinatari del libello – che per uno strano caso erano noti alla sezione – in modo tale che se non lo avessero ricevuto o non vi avessero prestato attenzione, adesso, grazie alla lettera della sezione, ne erano informati.
Inizia così una persecuzione cui la Sacra Congregazione Concistoriale, darà seguito fino al 1957, fino a quando, menzogna dopo menzogna ( “Monsignor Ficarra non è più in ‘floride condizioni di salute’. Monsignor Ficarra ha ‘un indebolimento nella vista e nell’udito’.
Monsignor Ficarra è ‘infermo’. Monsignor Ficarra ha bisogno di un ausiliare e lo domanda.
Monsignor Ficarra vuole rinunciare al governo della diocesi”), non ottenendo le sue dimissioni, lo informerà dell’avvenuta “Sua promozione alla Chiesa titolare arcivescovile di Leontopoli di Augustamnica”.
Monsignor Ficarra apprende così di non essere più vescovo di Patti e di essere diventato arcivescovo di Leontopoli ( a 30 km dal Cairo) in partibus infidelium, ma “dalle parti degli infedeli, non nominalmente ma a tutti gli effetti, monsignor Ficarra c’era già stato.”
Come ben evidenziato da Sciascia, nelle lettere che si susseguono è “tutto ben ponderato: tranne che la giustizia, tranne che la verità. A ‘macinare come il grano’, ancora, la fede, la speranza, la dignità umana”.
Maria Luisa Polizzi