La prima e unica storia d’amore di uno studente universitario si è appena conclusa e tormentato dal ricordo della ragazza va ripetendo a se stesso “al cuore non si comanda”. Una notte senza sonno né tregua, nella mente dello studente emerge la consapevolezza che l’attività del proprio cuore si realizzi al di fuori del proprio controllo, autonomamente. In un istante si sente sopraffatto dal panico. Questo esempio di Disturbo di Panico viene riportato nel testo “Civiltà e disagio. Forme contemporanee della psicopatologia” pubblicato nel 2006 da Bruno Mondadori Editore, frutto della collaborazione di più psicoanalisti, psicologi e psicoterapeuti (M. Recalcati, A. Villa, L. Brusa, R. Pozzetti, L. S. Bonifati, M. Focchi e D. Cosenza). Nella definizione che ne dà il DSM-5 (la quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) tale disturbo si manifesta come un’intensa paura di morire o impazzire che fa la sua comparsa all’improvviso e in contemporanea si presenta anche un corteo di sintomi fisici di tipo cardiovascolare, respiratorio, digerente o nervoso. Il soggetto che sperimenti questa situazione in genere non comprende quale possa essere la causa scatenante in grado di spiegarne l’improvvisa comparsa e spesso da questo momento in poi rimane condizionato dalla preoccupazione che una simile esperienza possa ripetersi di nuovo senza preavviso. Diversi studi indicano un possibile collegamento con situazioni di “perdite” subite nei mesi che precedono la prima crisi (ad esempio lutti, separazioni e cambiamenti lavorativi) che si innestano su un terreno di predisposizione genetica e storie personali travagliate dal punto di vista affettivo. L’inattesa crisi di paura di morire accompagnata da sintomi fisici non è una patologia nuova: cento anni fa è stata descritta da Freud che l’ha definita Nevrosi d’Angoscia, ma è nella nostra epoca che essa sta conoscendo un’espansione allarmante. La tendenza generale alla medicalizzazione e una prevalente chiave di lettura biologica dei fenomeni mentali sembra favorire un approccio terapeutico prevalentemente di tipo psicofarmacologico per ogni tipo di disturbo mentale compreso l’attacco di panico, senza affiancare un opportuno percorso psicologico. Schematicamente si può affermare che esistano due tipi di terapie psicologiche, psicoanalitiche e non psicoanalitiche, con differenti livelli di profondità di azione sulla psiche del paziente e la scelta del metodo più opportuno è di competenza dello specialista. Il testo “civiltà e disagio” descrive il punto di vista psicoanalitico secondo gli insegnamenti di Lacan e fornisce un’interpretazione profonda dei sintomi con l’implicito invito per il lettore a considerare i livelli inconsci dei problemi e delle sofferenze individuali, per una migliore comprensione e accettazione di se stessi, riconoscendo i propri bisogni e i potenziali, in controtendenza rispetto alla seduzione delle mere soluzioni ultrarapide e alla moda. Il capitolo sul panico curato dallo psicoanalista Focchi fornisce un esempio della tortuosità della mente e del necessario sforzo interpretativo per comprendere il sintomo : per l’analista la paura della morte sperimentata nell’attacco di panico, nasconderebbe in realtà una paura della vita. Focchi ritiene che il paziente con la crisi di panico sappia di non essere in pericolo di vita e ipotizza che la “paura delle morte” possa nascondere in realtà una necessità di stabilire un limite al “sovraccarico di vita”. Nel caso dello studente riportato all’inizio questo sovraccarico di vita si traduce nell’ improvvisa consapevolezza che non ci si possa sottrarre al flusso di vita corporea che procede inesorabile, senza alcun controllo da parte nostra. La teoria psicoanalitica di Lacan considera l’inconscio come una rete di significanti (analogamente alla struttura del linguaggio) che progressivamente si stratifica e si arricchisce, di conseguenza la proposta terapeutica è in questo caso quella di imprimere un significante per porre un limite al tumulto della vita, riducendone il timore verso di essa.
Il panico è un esempio delle nuove forme di disagio ma non certo l’unico e gli altri coautori del libro propongono le invitanti ipotesi interpretative su altri sintomi molto diffusi tra cui il consumo di sostanze stupefacenti e i rapporti problematici con il cibo e l’immagine del proprio corpo. La tesi di fondo viene sintetizzata dallo psicoanalista lacaniano Massimo Recalcati che collega le manifestazioni odierne del disagio alla civiltà consumista e superficiale in cui viviamo, che indica come scopo principale dell’esistenza il divertimento e ostacola la crescita della persona; una società diametralmente opposta a quella in cui visse Freud caratterizzata dal moralismo diffuso e repressivo. A partire da questa differenza storica e dalla rilettura di Freud proposta dallo psicoanalista francese J. Lacan è possibile comprendere le nuove manifestazioni del disagio. Secondo Recalcati per rintracciare le radici dei sintomi oggi più diffusi è necessario scavare nel vuoto di significati e di relazioni con l’altro, elementi peculiari del presente. Le tossicomanie e l’alcolismo odierni si caratterizzano per un’inestinguibile percezione soggettiva di irrealtà, di non esistenza della propria vita, una condizione che nessun oggetto materiale potrà mai colmare. Freud descriveva la dipendenza dalla sostanza alcolica osservata nei propri contemporanei usando espressioni come “il matrimonio felice” per indicare il profondo appagamento che la bottiglia poteva procurare all’alcolista, tagliando fuori il mondo esterno, noncurante delle sofferenze sui familiari, i problemi sul lavoro o con la giustizia. Lo psicoterapeuta Pozzetti ci ricorda come dalla concezione freudiana del “matrimonio felice” con la bottiglia che si sostituisce alla partner erotica per donare la felicità si sia passati oggi ad una condizione di solitudine e infelicità universale che rende necessaria l’assunzione della sostanza inebriante questa volta come rimedio per sopportare il dolore, in funzione di analgesico per la sofferenza intima.
In sintesi il disagio umano persiste, ma muta nella forma. Nel sito internet “Jonasonlus.it “ (Centro di clinica psicoanalitica per i nuovi sintomi) è possibile trovare una breve introduzione sui nuovi sintomi, l’offerta terapeutica e le sedi italiane del centro fondato da Massimo Recalcati nel 2003. La ricerca psicoanalitica continua.
Paolo Salvatore Polizzi
(Articolo tratto dal mensile “Lo Scaffale” – N. 1 di gennaio 2018)